Penitenza: atto di carità!
^ Traduzione del testo riportato sopra sulla fotografia: Penitenze del beato Padre Seelos <
Il beato Padre Seelos era severo con se stesso. Tutta la sua vita come Redentorista non ha consumato il tabacco e non hai mai cercato cose deliziose da mangiare. Non ha neanche usato del sale o altre spezie per il cibo. Dopo il suo ritiro 1848 a Pittsburgh ha preso la seguente risoluzione:
Far penitenza prima di tutto significa convertirsi!
Con fede, pazienza e amore accettiamo quella penitenza necessaria per osservare i dieci comandamenti.
Gesù ci dice: «Se non fate penitenza, voi perirete tutti nello stesso modo» (Le. 13,3).
Per ottenere dunque la salvezza dobbiamo mettere in pratica il suo insegnamento.
L’anima quando ode la chiamata del Signore e, spinta dalla sua grazia, decide di rispondere e di convertirsi, sente spontaneo il bisogno di espiare i propri peccati, di purificarsi: vede chiara la necessità di penitenza, capisce che questa è la strada maestra per arrivare a Dio.
Tante anime bramano una vita di penitenza, silenzio, solitudine e preghiera. In questa lettera di Girolamo veniamo a conoscere il suo desiderio di andare nel deserto e di fare penitenze. Poter fare penitenza, soffrire, è un dono di Dio. I santi bramavano soffrire, fare dure penitenze e mortificazioni, essere lontani dal mondo, lontani dal male che porta in pericolo l´anima. Cercavano luoghi deserti per stringersi a nostro signore Gesù e non lasciarlo mai più!
Il beatissimo Girolamo trovandosi in Antiochia col desiderio di farsi anacoreta scrisse a Teodosio, ed a' solitari
compagni di lui una lettera, che merita essere qui interamente riportata :
"Quanto bramerei di ritrovarmi", diceva l'umilissimo pentitore, "ora presente alla vostra adunanza, e (sebbene questi occhi non lo meritano) di vedere l'ammirabile vostro consorzio, e con pienezza di giubbilo abbracciarlo ! Vedrei cotesto deserto assai più ameno di qualunque città; vedrei i luoghi desolati di abitatori, quasi a somiglianza del Paradiso essere occupati dalle congregazioni dei santi. Ma perché i miei peccati sono la cagione, che quest'uomo pieno di ogni scelleratezza, non sia ammesso alla compagnia dei beati; per ciò vi prego (mentre non dubito, che voi ciò non possiate ottenere) che colle vostre orazioni mi liberiate dalle tenebre di questo secolo. E siccome prima vi aveva detto a bocca, così ora per mezzo di questa mia lettera, non lascio di manisfestarvi il mio desiderio, cioè, che la mia mente con ogni avidità a cotesta vostra compagnia è inclinata. Ora voi si aspetta il far che la volontà sia seguita dall'effetto; a me sta il volere. Tocca alle vostre orazioni, ch'io possa ciò che voglio. Io sono quasi come una pecorella malata, errante qua e là lungi da tutta la greggia Se il buon pastore ponendomi su le sue spalle, non mi riporterà al proprio ovile, vacilleranno i miei passi, ed io facendo forza di rizzarmi, i piedi sotto mi mancheranno. Io sono quel figliuolo prodigo, il quale scialacquata tutta la porzione consegna tami dal mio genitore, non mi sono ancora gettato alle sue ginocchia, nè ho cominciato ancora a scacciare da me le lusinghe della primiera lussuria. E perché alcun poco mi sono allontanato dai vizi, non tanto quanto ho cominciato a volerlo fare, ora il diavolo con nuove reti mi lega, nuovi impedimenti proponendo; ora da ogni parte mi circonda il mare; ora collocato in mezzo all'acque non posso nè tornare indietro, nè passare avanti. Resta solo che in virtù delle vostre orazioni mi spinga avanti l'aura dolce dello Spirito Santo, e mi accompagni sino al porto del lido sospirato".